Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Copertina

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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

mercoledì 7 gennaio 2009

Genova, la neve

Genova sotto i fiocchi di neve è sempre un’esperienza. Soprattutto se ci vivi. Basta una notte di imbiancamento e subito ti accorgi dell’assurdità di una città potenzialmente splendida ma incapace di affrontare ogni minima variazione della consuetudine: vita civile o bizze meteorologiche non fa differenza. Colpa della mentalità che qui, anche nei suoi figli più giovani, puzza di vetusto al punto da rendere l’antico appellativo di Superba grottesco come potrebbe esserlo la vista di una guepière di pizzo indossata da una grassa ottantenne.

Peccato. Perché questa metropoli in verticale un suo fascino, seppur celato ai più, lo conserva ancora. Merito delle cose belle che i suoi antenati hanno saputo fare. Ecco allora che attraversarla e risalirla oggi riesce persino a sopire i miei peggiori mugugni. Forse perché a facilitare la scoperta di sensazioni nuove è soprattutto il silenzio. Ammorbidito dal soffice posarsi della neve, amica brava a scacciare anche le auto e il frastuono dei loro motori.


Genova città dagli amori in salita, come cantava il poeta Giorgio Caproni. Genova dove le salite sono ovunque. Vere, figurate e dalle pendenze spesso letali. Città dove le strade strette si affiancano alle creuze in mattoni e si arrampicano tra i palazzi aggrappati sulle colline avvolgendoli come sottili radici che possono dare senso di soffocamento. Ammirarla dall’alto, con lo sguardo a sorvolare il dedalo urbano prima di prendere la rincorsa e gettarsi sull'infinito orizzonte del mare, la fa sembrare ancora più seducente. Forse perché il distacco libera l’immaginazione e, ad occhi e narici, nasconde le sciatterie che continuano inesorabilmente a deturparne la bellezza. Quassù, in un misconosciuto angolo sonnacchioso, insieme al gelo che sferza guance e pensieri sarebbe perfetto un etereo tappeto sonoro dei Sigur Rós. Superbi. Gli islandesi.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Io abito a Granarolo e quando nevica rimaniamo sempre bloccati a casa. Qui però non regna il silenzio ma il vento. Un vento impetuoso che ci accompagna sempre. Il saluto ventoso però in punta di piedi con le note de La danza confetto di Tchaikovsky...

Claudio ha detto...

@ Anonimo/a: Ciao. Da qualche anno mi sono trasferito dalla parti del Righi. Quindi conosco perfettamente le rumorose carezze del vento, compagno spesso invadente e talvolta persino confortante. Insolitamente quel gelido tardo pomeriggio a regnare era invece il silenzio. Immobilità nell’immobilità. Anche il vento, una volta tanto, sembrava aver capito che in quegli attimi la perfezione consisteva nel trattenere il respiro. Tchaikovsky immaginava una fata danzante in punta di piedi, così come forse altrettanto bene ci sarebbe stata qualche visione di Barber, Einaudi o Allevi. Ma nessuno di questi ci ha donato cornici di sostenibile insoddisfazione come quelle create dei Sigur Ros. O, almeno, nessuno di questi la ha mai creata per me... :D

Enzo ha detto...

La mentalità vetusta è un tratto dominante della gente Alessandrina. Grigia come il cielo Novembrino di oggi, grigia come la non-voglia di abbracciare ciò che anche solo di poco appare come un soffio di novità. Grigia, come la maglia della squadra di calcio. E quando la neve improvvisamente regala una tonalità di bianco, ecco la più bella novità: il silenzio.
Ciaoo

Claudio ha detto...

Bellissime pennellate, Enzo. Grazie. :)