Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

sabato 10 gennaio 2009

Recensione in anteprima: 'Years of refusal', Morrissey tra ispirazioni e autocitazioni

Strongest. Questo è l’aggettivo più utilizzato da Morrissey per battezzare ‘Years of refusal’, in vendita dal prossimo mese. Tradotto significa che secondo lui questo album è il più potente, intenso e libero da compromessi che abbia mai inciso. Se si riferisce al muro sonoro che lo sostiene (escludendo 'Southpaw Grammar' del '95) forse ha ragione, se sottilmente vuole significare che è il più originale probabilmente sta bluffando. D’accordo che la sincerità non deve essere elemento fondamentale per l’arte, tuttavia la coerenza non guasterebbe. Per carità, non che sia un lavoro da buttare. Dal punto di vista vocale Moz non tradisce (quasi) mai e se dicessi che non mi piace sarei bugiardo. Ma lo sarei altrettanto se non ammettessi che da lui mi sarei aspettato meno autocitazioni e più istinto. Meno clichè e più colpi a sorpresa. Di quelli che ti costringono a far ripartire la traccia senza dar tempo a quella successiva di prendere il sopravvento.

Per i colpi di fulmine ci vuole predisposizione. Non lo nego.
Ma quando dopo sette anni di silenzio ‘You are the quarry’ schizzò nell’immobile stagno musicale del 2004 - e ventitré mesi dopo ‘Ringleader of the tormentors’ si presentò quasi altrettanto ispirato -, la mia espressione era diversa da quella di questo momento. D’accordo che il fanciullesco strabuzzamento degli occhi di fronte ad un disco non deve considerarsi prassi, ma il primo ascolto di ‘Years of refusal’ mi lascia poco convinto. Forse per il senso di disomogeneità che lo permea: più raccolta di brani distinti che opera vera e propria. Lavoro i cui calcoli a tavolino emergono oltre i limiti di un logico sottofondo. Registrato quasi completamente sul finire del 2007 (!), ‘Years of refusal’ ha avuto i primi missaggi nel febbraio 2008. Dopo averne annunciato la pubblicazione nel settembre successivo, rimarrà ancora incatenato dalle regole del marketing sino al prossimo 16 febbraio. Una gestazione quantomeno complicata il cui risultato finale ne risente. Questo attesissimo album contiene 12 tracce fra cui ‘That’s how people grow up’ e ‘All you need is me’ - già presenti nell’ultimo ‘Greatest hits’ – e vari pezzi già rodati da esibizioni live. Fra questi ‘Mama, lay softly on the riverbed’, ‘One day goodbye will be farewell’ e la sfrenata ‘Something is squeezing my skull’, a cui viene saggiamente conferito il ruolo di apripista. Insieme a questa, le mie preferite sono ‘It’s not your birthday anymore’, ‘You were good in your time’ e ‘I’m throwing my arms around Paris’, prescelta come primo singolo e rivestita di una produzione pop che potrebbe renderla ottima b-side per qualsiasi singolo degli Smiths di metà anni Ottanta. Il desiderio di riesumare quell’epoca emerge prepotentemente nel brano di chiusura: ‘I’m ok by myself’ la cui consistenza cita senza alcun pudore le memorabili ‘What she said’, ‘London’ o altre creazioni simili. Tributo o carenza di idee?

Tracklist di ‘Years of refusal’:

01. Something is squeezing my skull

02. Mama, lay softly on the riverbed

03. Black cloud

04. I’m throwing my arms around Paris

05. All you need is me

06. When I last spoke to Carol

07. That’s how people grow up
08. One day goodbye will be farewell

09. It’s not your birthday anymore

10. You were good in your time

11. Sorry doesn’t help

12. I’m ok by myself

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