Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

mercoledì 26 marzo 2014

Genoa-Lazio 2-0: Vola il Grifone, a terra l'Aquila

I tre punti che il Genoa agguanta ai danni della Lazio hanno tutto il sapore dell'abnegazione. Gilardino (65') e Fetfatzidis (83') decidono la sfida nella seconda metà di una gara combattuta ma non certo stilisticamente bella. Espulso Ledesma prima del recupero. FORMAZIONI – Gasperini disegna un 3-5-2 che comincia dalla scelta di fare esordire Bizzarri proprio contro il suo ex club; prosegue con De Ceglie affiancato dal rientrante Portanova e da Marchese; Motta, Sturaro, Bertolacci (in regia al posto dell’infortunato Matuzalem), Cofie e Antonelli vanno in in mediana, con Sculli e Gilardino (tornato titolare) attaccanti. Reja ripesca il 3-4-3, modulo vincente nelle sue prime apparizioni. Le numerose assenze, fra cui quelle di Dias e Biglia, richiedono la ricerca di nuovi equilibri. Quindi, davanti al portiere Berisha si sistemano Biava, Novaretti e Radu; Gonzalez, Ledesma, Onazi e Konko presidiano il centrocampo mentre a Candreva, Mauri e Keita spetta il principale compito offensivo. PRIMO TEMPO – Ritmi buoni, occasioni al minimo sindacale. I primi trentacinque minuti producono un pericolo per Berisha su incoronata (respinta) di Motta e un batticuore per Bizzarri su botta ambiziosa di Mauri. Il resto è tutta una serie di improduttive ricerche della combinazione giusta per scardinare l'opposta retroguardia. La manovra laziale appare più efficace. Sul finire del tempo Keita, con tiro sporcato da Motta, obbliga l'estremo di casa a salvarsi di piede. La risposta genoana è uno squillo, centralissimo, di Gilardino. SECONDO TEMPO – Avvio raffazzonato su entrambi i fronti. Gasperini, inserendo Fetfatzidis e Centurion per Cofie e De Ceglie, prova soluzioni alternative. A sbloccare il risultato è Gilardino, servito in velocità dal gladiatorio Sculli. Keita prova a rimediare subito ma è impreciso. Dopo poco viene sostituito da Postiga. Il goleador di serata potrebbe trovare nuova gloria ma il portiere gli sbatte la porta in faccia. Nulla può Berisha sul diagonale di Fetfatzidis che vale il definitivo 2-0. Prima del triplice fischio si ripete il duello fra i due ma stavolta ad avere la meglio è l'estremo difensore. Ledesma riesce anche a beccarsi un rosso per proteste. CHIAVE – Squadre troppo lunghe ed errori troppo frequenti zavorrano due squadre che, nonostante tutto, danno la sensazione di volersi imporre. I Grifoni hanno il merito di provarci con maggior costanza. MOVIOLA – Peruzzo, fra tutti quelli in campo, è sicuramente tra i più precisi e attenti. [Articolo per Goal.com del 26 marzo 2014] © RIPRODUZIONE RISERVATA

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domenica 23 marzo 2014

Sampdoria-Verona 5-0: Manita blucerchiata, veneti in crisi

Una Sampdoria bella, e ridestata dalle strigliate infrasettimanali di Mihajlovic, supera largamente un Hellas Verona sveglio davanti ma totalmente in catalessi dietro. 5-0 il risultato di una partita dai ritmi sincopati che i padroni di casa archiviano già nella prima parte. A segno vanno Sansone (3'), Renan (23'), Soriano autore di una doppietta (38' e 48') e Palombo (58'). La formazione di Mandorlini deve anche fare i conti con un Da Costa particolarmente reattivo. FORMAZIONI – 4-3-3 per entrambe le squadre. Mihajlovic, oltre a confermare Da Costa, schiera una difesa composta da De Silvestri, Mustafi, Gastaldello e Regini; una mediana con Palombo, Renan e Soriano e il tridente formato da Gabbiadini, Sansone e Maxi Lopez. Mandorlini preferisce affidarsi a Rafael tra i pali; Cacciatore, Moras, Maietta e Albertazzi (al posto di Agostini) a sua protezione; Romulo, Donadel e Halfredsson a centrocampo; in avanti Iturbe e Jankovic supportano Toni. PRIMO TEMPO – Subito vantaggio Samp, Sansone è lesto a ribattere un pallone finito sul palo da tiro di Renan. Sfida mai banale anche per merito degli scaligeri, vicini al pari con Toni, Iturbe e Romulo. Blucerchiati bravi a rispondere a tono impegnando Rafael ancora un paio di volte con Sansone, per poi batterlo nuovamente su rasoterra di destro di Renan, servito involontariamente dall'arbitro, e con un appoggio in rete di Soriano su assist di Regini. SECONDO TEMPO – La vendemmia doriana riprende insieme alla partita. Merito dell'ingordo Soriano, che maramaldeggia al limite dei sedici metri per poi segnare in diagonale. Rafael limita i danni su fiondata di Sansone ma cede ancora su una punizione di Palombo che filtra da una barriera tanto nutrita quanto inutile. Per la squadra di Mandorlini, umiliata nel risultato e nel gioco, resta solo la magra consolazione di qualche giocatore, soprattutto Toni e il neo entrato Rabusic, mai domi seppur sempre soccombenti nei duelli con Da Costa. CHIAVE – Tatticismi al minimo ed agonismo al massimo. Un Doria ben equilibrato e combattivo passeggia su un Hellas inguardabile quando non ha la sfera tra i propri piedi. MOVIOLA – Calvarese di Teramo si dimostra bravo e puntuale in ogni frangente della gara. [Articolo per Goal.com del 23 marzo 2014] © RIPRODUZIONE RISERVATA

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domenica 16 marzo 2014

Genoa-Juventus 0-1: Calaiò spreca, Buffon e Pirlo timbrano il successo

Ci sono tutta l'abilità balistica di Pirlo e i riflessi di Buffon (rigore respinto a Calaiò al 71') nella vittoria in extremis (89') di una Juventus più volte messa alle corde da un Genoa indomito. Sfida bella e vibrante che lascia i Grifoni con la netta sensazione di aver gettato al vento l'occasione di farsi un bel regalo in una stagione tutto sommato tranquilla. Campioni d'Italia bravi a reggere gli urti e assolutamente essenziali a trasformare a loro favore i pochi episodi salienti della serata. FORMAZIONI – Squadre disegnate sul terreno di gioco con uno speculare 3-5-2. Gasperini, oltre al portiere Perin, schiera Burdisso, De Maio e Marchese; in mediana Sturaro, Matuzalem e Bertolacci con Motta e Antonelli esterni chiamati anche ad agire in fase di copertura; Sculli e Gilardino davanti. Conte si affida a Buffon e ai difensori Caceres, Bonucci e Chiellini; Lichsteiner, Vidal, Pirlo, Pogba e Asamoah a centrocampo; Lorente e Osvaldo (sostituto di Tevez bloccato da un’infiammazione al tendine rotuleo) in attacco. PRIMO TEMPO – È battaglia tesa, su ogni pallone, senza lesinare energie. La fluidità di manovra ne risente, non così il pathos di continui contrasti modulati per individuare la sequenza giusta a scardinare la porta avversaria. Al riposo però si arriva senza alcun tiro a rete. Quelli di Osvaldo, due, sono goal per fuorigioco segnalati a un irritato e irritante Mazzoleni dal suo assistente Ghiandai. SECONDO TEMPO – Dagli spogliatoi esce un Genoa a tratti indemoniato che spaventa Buffon con una botta ravvicinata di Gilardino (poco dopo sostituito con Calaiò) e poi lo grazia con un diagonale a fil di palo di Motta. La Juventus fatica di fronte all'asfissiante pressing rossoblu. Il neo entrato avrebbe anche l'enorme possibilità di battere un rigore (evidente tocco col braccio di Vidal), ma il portiere della nazionale respinge tuffandosi alla sua sinistra. L'errore ha l'effetto di una secchiata gelata sull'ardore dei padroni di casa e la squadra di Conte ha spazi per riordinare le idee. Nel finale Quagliarella, Isla e Padoin rilevano Osvaldo, Lichtsteiner e Vidal. Sul finire è però il piedino fatato di Pirlo a incidere a fondo la partita con una punizione, infilata sotto l'incrocio destro di Perin. Inutile la reazione genoana. CHIAVE – Cercare di mettere qualche granello nei collaudati ingranaggi bianconeri per poi proporre il meglio delle proprie qualità. Il diktat gasperiniano diventa il leit-motiv di una sfida da spalti finalmente gremiti. MOVIOLA – Mazzoleni, ricordato ancora dai tifosi di casa per un clamoroso rigore concesso a Del Piero per un fallo di Papastathopulos alcuni anni fa, dirige in maniera tutt'altro che tranquilla cercando di mostrare personalità ma finendo per rovinare la sfida con decisioni cervellotiche. Corretto annullare per offside il primo centro di Osvaldo, probabilmente non altrettanto il secondo visto che il finalizzatore pareva in linea sul servizio di Pogba. Non comprensibile anche l'ammonizione risparmiata ad Osvaldo per avere proseguito l'azione a gioco fermo. Dubbi su un contrasto in area ospite tra Lichtsteiner e Bertolacci. Giusta la concessione del rigore al Genoa. [Articolo per Goal.com del 16 marzo 2014] © RIPRODUZIONE RISERVATA

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lunedì 10 marzo 2014

"Una moglie ideale, ovvero Mrs. Constance Wilde", Fiona Dovo e Lunaria Teatro rendono omaggio a una delle lady più affascinanti e moderne dell’Ottocento

Una valigia che apre e chiude una vita. Peso e, al tempo stesso, punto di appoggio. E’ quella di Constance Mary Lloyd, incantevole moglie di Oscar Wilde. Scrittrice, giornalista, pioniera in amore e negli ideali, madre autoesiliatasi con i figli Cyril e Vyvyan a causa dell’epocale scandalo che trascinò via il buon nome di suo marito e tutto il suo mondo. E’ zeppa di ricordi, quasi tutti invisibili, quella valigia. Troppi di essi sottili e pungenti come spilli. Fiona Dovo si affida a questo bagaglio per portare al teatro Emiliani di Genova una delle esponenti di spicco del tardo Ottocento vittoriano. Nella prima della pièce “Una moglie ideale, ovvero Mrs. Constance Wilde” (battezzata non a caso l'8 marzo) l’attrice, e autrice stessa del testo, stilla buone dosi di audacia, intensità e qualche eccesso di emozione che nel monologo non stride affatto. 

Sul palco, avvolto da un’essenziale scenografia di teli bianchi nella quale spicca un imponente specchio immaginario, le note di colore sono riservate agli abiti e all’unica protagonista della scena. Unica e sola. Proprio come sola, di fronte al proprio mondo interiore, era anche Constance. I quadri che compongono il dramma, diretto da Daniela Ardini, si susseguono senza soste. Dimostrano passione, voglia di lasciare il segno e giochi di stile nei quali la banalità viene tenuta a bada con sapienza. Meno trattenuta è invece l’enfatizzazione di una follia sempre dietro l’angolo che rischia di occultare il tenace temperamento irlandese di Constance, vittima consapevole ma mai arrendevole; donna ancora oggi all’avanguardia seppur condizionata dalla figura di un uomo troppo ingombrante persino per l’intera società del suo tempo. Intensamente innamorata, e subito altrettanto corrisposta, Mrs. Wilde dovrà fare i conti con lo sbiadirsi del suo matrimonio di fronte all’irresistibile passione che il suo sposo nutrirà per lord Alfred Douglas e per l’insaziabile corsa all’estremo. Genialità, successi e ricchezze, quelle della sua famiglia. Tutto finito all’improvviso. Sprofondato nella vertigine di un inferno che - prima di donare l’immortalità fra i posteri - sbatté Oscar dentro un’angusta cella a consumarsi anima e corpo e la sua famiglia nell’incubo di affannose rincorse a nuovi equilibri e a illusioni. Ricerche disperate spesso rimaste tali sino al tragico epilogo avvenuto in un letto dell’ospedale genovese di Pammatone. Era il 7 aprile 1898, la vigilia del venerdì Santo. Il calvario di Constance, sofferente alla schiena dopo una rovinosa caduta, finì lì. Così come finirono le sue lotte combattute anche durante il soggiorno nella Riviera Ligure, a Sori e Bogliasco in particolare. Da qualche mese aveva compiuto quarant’anni. Troverà pace nel cimitero monumentale di Staglieno. 


Nell'opera sono inevitabili e onnipresenti le citazioni wildiane. Così come accaduto nella realtà, dettano loro i tempi. Si insinuano sulla scena e sul personaggio in maniera incalzante, quasi claustrofobica. Iniziano leggere come passi di pantofole nel ricco salone della casa londinese al 34 di Tite Street e finiscono come il sordo rumore degli scarponi spessi e pesanti che il fato ama usare sui suoi martiri. Musiche quasi sempre azzeccate. Assai apprezzabile l’omaggio in grassetto al genio di Aubrey Beardsley, affacciatosi dal fondale attraverso le celeberrime illustrazioni per la “Salomè”, in uno dei momenti migliori di un lavoro non semplicissimo ma che fa onore a Lunaria Teatro e a Fiona Dovo, fondatrice della compagnia del Teatro delle Formiche oltre che attrice e drammaturga con puntate nel cabaret in duo con Laura Formenti.

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domenica 9 marzo 2014

Sampdoria-Livorno 4-2: Mbaye non basta, il Doria si sveglia nella ripresa e recupera due goal

La Sampdoria, con un secondo tempo strepitoso, rimedia al doppio svantaggio inflittole da una doppietta di Mbaye (19' e 27') calando un poker vincente grazie a Krsticic (49'), una sfortunata autorete di Ceccherini (52'), uno spunto di Okaka agevolato da una deviazione di Coda (67') e da Gabbiadini (75'). La sfida ha esaltato la capacità di gestione della gara da parte di Mihajlovic, bravo e fortunato ad apporre i giusti correttivi. Il Livorno, probabilmente rilassatosi troppo nell'intervallo, finisce in ginocchio sotto i colpi degli avversari e della malasorte. Gara piacevole e avvincente. FORMAZIONI – 4-2-3-1 per Mihajlovic che schiera Da Costa fra i pali; De Silvestri, Mustafi, Gastaldello e Regini in difesa; Obiang e Palombo in mezzo con Gabbiadini, Eder e Soriano a supporto del più avanzato Okaka preferito a Maxi Lopez che parte dalla panchina. Di Carlo opta per il 3-5-2: Bardi in porta; Ceccherini, Emerson e Castellini arretrati; Mbaye, Benassi, Biagianti, Greco e Mesbah a rimpolpare il centrocampo; il duo Belfodil-Paulinho in attacco. PRIMO TEMPO – Salvataggio sulla linea di Biagianti su colpo di testa di Eder e traversa di Paulinho. Il biglietto da visita del match è vibrante. Così come la necessità di vittoria dei labronici a cui bastano 28' per mandare due volte a segno, sotto porta, il puntuale quanto indisturbato Mbaye. Prima raccogliendo un tiro di Mesbah deviato sulla traversa, poi appoggiando un assist di Benassi. FFra le due reti Gabbiadini saggia i riflessi di Bardi con una punizione che esalta il repertorio di entrambi. La Samp, quasi sempre penetrabile sulla destra, non manca di essere propositiva ma rischia di capitolare ancora su una deviazione aerea di Ceccherini fuori d'un soffio. SECONDO TEMPO – Gli insufficienti De Silvestri e Obiang restano negli spogliatoi. Al loro posto Fornasier e Krsticic. La mossa è subito fondamentale perché è proprio il secondo ad accorciare il risultato avventandosi su una respinta del portiere su Soriano. E poco dopo la pressione costa cara a Ceccherini che fa autogoal riportando l'equilibrio. Il sorpasso è merito di Okaka con un bolide da lontano che, deviato da Coda (sostituto di un Ceccherini stordito dalla leggerezza precedente), spiazza il portiere. La Samp è ora padrona del campo. Per provare a modificare l'inerzia Di Carlo fa entrare Emeghara E Piccini per Belfodil E Castellini. Ma i blucerchiati arrotondano la propria superiorità con Gabbiadini che, dopo aver sfiorato la marcatura in una occasione precedente, la materializza freddando Bardi, ultimo baluardo. È il definitivo 4-2. CHIAVE – La Samp regala un tempo agli avversari per poi proporre il meglio di sè in una ripresa pressoché perfetta. La qualità dei singoli ha fatto ancora una volta la differenza. MOVIOLA – Giacomelli arbitra in maniera diligente una gara corretta e con pochissimi momenti di tensione. [Articolo per Goal.com del 9 marzo 2014] © RIPRODUZIONE RISERVATA

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domenica 2 marzo 2014

Genoa-Catania 2-0: Antonelli goleador, è sprofondo etneo

Ancora una vittoria casalinga per il Genoa. Stavolta a farne le spese è un Catania che, pur giocando in dieci dal 40' per l'espulsione di Bellusci, lotta con ammirevole generosità senza però riuscire a mettere una pezza al vantaggio genoano siglato quasi subito da Antonelli (14'). Il raddoppio porta invece la firma del giovane Sturaro (85'). Gara piacevole e sempre viva che ha ribadito il buon momento dei ragazzi di Gasperini e confermato il tabù esterno degli ospiti che. lontano dal Cibali, hanno ottenuto la miseria di due soli punti. FORMAZIONI – Solito 3-4-3 gasperiniano con Perin supportato nelle retrovie da Burdisso, Portanova e Antonini; Motta, Sturaro, Bertolacci e Antonelli in mezzo; Konate e Sculli a spalleggiare Gilardino. Maran disegna un 3-5-1-1 con Andujar tra i pali e linea difensiva composta da Bellusci, Sculli e Rolin; centrocampo affidato a Peruzzi, Izco, Lodi, Rinaudo e Biraghi; Plasil e Keko in avanti. PRIMO TEMPO – Dopo un paio di spunti a salve di Keko, il Genoa prende le misure agli etnei e passa prima dello scoccare del quarto d'ora con Antonelli, che chiude una mischia innescata da un cross dalla sinistra di Sculli. Konate sfiora poi il raddoppio battendo plasticamente da venti metri. Ma il Catania è tutt'altro che arrendevole e, per lunghi tratti, costringe i padroni di casa a ripiegare nella loro metà campo. Bellusci, già ammonito, atterra Motta lasciando in dieci la sua squadra. A ridosso dell'intervallo Gilardino, con una spaccata da pochi metri, arriva in ritardo all'appuntamento col goal. SECONDO TEMPO – Fetfatzidis rileva Bertolacci in avvio. Le sfuriate ospiti, condotte soprattutto dal combattente Izco e dal fischiatissimo ex Lodi, vengono disordinatamente controllate dai Grifoni che puntano anche su Cabral, sostituto di Sculli. Maran getta nella mischia Fedato e Monzon per Plasil e Lodi. È però Andujar a dover mettere le ali per deviare con la punta della mano destra una punizione ad effetto di Fetfatzidis. Keko, esausto, cede il campo a Leto. Gilardino, in contropiede, avrebbe a disposizione il più ghiotto dei match-point ma angola troppo sull'uscita del portiere. Ad ogni modo il Genoa le occasioni non smette di crearsele e, dopo un'altra chance divorata da Konate, Sturaro non pecca di precisione piazzando un diagonale che vale il 2-0 che fa calare così il sipario. CHIAVE – Sfida giocata sempre a viso aperto, nella quale il Genoa, agevolato dalla tranquillità di classifica e dall'uomo in più per circa un'ora, gestisce con sapienza. MOVIOLA – Sufficiente la direzione di Irrati. Non fa una piega il doppio giallo mostrato al nervoso Bellusci. [Articolo per Goal.com del 2 marzo 2014] © RIPRODUZIONE RISERVATA

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