Senza tastiere è ancora meglio. E' questa la sensazione lasciata al termine della strepitosa performance dei Cure nella seconda (e ultima) tappa italiana del tour mondiale ospitata in un Palasharp milanese esauritosi a poche ore dalla messa in vendita dei biglietti. Lo scorso ottobre. Lo show comincia nel migliore dei modi con Plainsong e Prayers For Rain sostenute dalla voce di Robert Smith perfetta sin dalle prime sillabe. Si capisce subito che la serata è di quelle giuste. I ritmi sono tiratissimi anche quando iniziano a farsi spazio singoli più dolciastri come Lovesong e Pictures Of You. Ma non c'è nulla di scontato. Complici i nuovi arrangiamenti elaborati dopo la decisione di rinunciare alle tastiere di Roger O'Donnell e le schitarrate di Perry Bamonte sostituiti da Porl Thompson: uno dei più virtuosi chitarristi rock viventi ma anche uno di casa. In tutti i sensi visto che della band ha vissuto i tempi del college, quelli dal 1983 al 1993 e che di Mr. Smith è anche il cognato. La scaletta affonda a mani basse in album epici come The Head On The Door e Disintegration concedendo le inedite Please Project ed A Boy I Never Knew a far intuire di che pasta sarà fatto il nuovo lavoro in cantina da anni e (finalmente) ormai di prossima uscita. Delle produzioni più recenti rimangono solo briciole, conferma di quanto lo stesso Robert Smith abbia fatto fatica digerirli. Se Jason Cooper, dietro la sua batteria, è il metronomo della band, Simon Gallup suona il basso con il suo inconfondibile stile ruvido e mai banale. Dopo una strepitosa performance di The Kiss il finale del corpo principale del concerto è letteralmente da brividi: The Baby Screams suona persino più energica di 23 anni fa e le esecuzioni di One Hundred Years e Disintegration trapassano cuore e nervi. La parte dei bis, come consuetudine, rappresenta una performance all'interno del concerto stesso. Si comincia con quattro brani-tributo (fra cui M con il testo improvvisato) a quel Seventeen Seconds del 1981 pietra miliare della svolta dark per poi lasciare spazio alle "funny songs" (definizione di Robert Smith) fra cui le ottime versioni di Lovecats e Friday I'm in Love a precedere l'inedita Freak Show. Prima di accomiatarsi c'è ancora spazio per un trittico irrinunciabile: Boys Don't Cry, 10:15 Saturday Night e l'esplosiva Killing an Arab. Dopo oltre tre ore di esibizione il rito si conclude. Gli dei dell'oscurità sono stati saziati anche stavolta. I loro adepti anche.
Milano, Palasharp - 2 marzo 2008.
Setlist: Plainsong, Prayers For Rain, alt.end, A Night Like This, The End of the World, Lovesong, Pictures of You, Lullaby, Catch, From the Edge of the Deep Green Sea, Kyoto Song, Please Project, Push, Just Like Heaven, A Boy I Never Knew, If Only Tonight We Could Sleep, The Kiss, Us or Them, Never Enough, Wrong Number, The Baby Screams, One Hundred Years, Disintegration.
1st encore: At Night, M, Play For Today, A Forest
2nd encore: Lovecats, Friday I'm In Love, Inbetween Days, Freak Show, Close To Me, Why Can't I Be You
3rd encore: Boys Don't Cry, 10:15 Saturday Night, Killing An Arab.
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lunedì 3 marzo 2008
The Cure a Milano: Il Signore del dark è tornato più vivo e vegeto che mai
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