Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Copertina

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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

martedì 20 maggio 2008

Toc… sssshhhh…

Toc… sssshhhh… il pick-up raggiunge la sua meta… sottile fruscìo... la puntina comincia a danzare sul ruvido solco del vinile… il suono si fa strada… il pensiero anche.
Quando la musica fuoriusciva magicamente da quei rotondi pezzi di plastica... che sublime sensazione! Come quella del profumo di un supporto di 30 centimetri che da bimbo potevi persino abbracciare. E quella del fisico piacere, tattile e visivo, al momento di scrutare copertine dentro le quali sembrava possibile tuffarsi.
Lato A… Lato B… Nulla era lasciato al caso. I dischi avevano un loro perché. Una loro scaletta, anzi due. Distinte sequenze di tracce che, nelle opere più riuscite, andavano a braccetto. Gli ellepì e le canzoni che li riempivano non si ascoltavano. Si vivevano. Gli autori delle note e dei versi lo sapevano. Immaginavano, creavano, limavano la loro arte attraverso quell’unità di misura calzante a pennello con la massima capacità di quei supporti (25 minuti per parte) e con la soglia di attenzione dell’ascoltatore che - volente o nolente - doveva assumere un ruolo attivo per fruire interamente di quella creazione... Più utilità che fastidio. Se non altro perché persino i sogni erano costretti ad interrompersi per consentire di ribaltare il vinile e proseguire a fantasticare. Dopo aver tirato il fiato. Altri tempi… Altri ritmi… Altri sogni… Altri sospiri…
Brutto invecchiare, eh? 8)

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