Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

martedì 26 gennaio 2016

Constance Mary Lloyd Wilde: una donna di qualche importanza

La delicatezza dei lineamenti e del portamento ne mascheravano l’intensa forza del carattere. Constance Mary, figlia dell’avvocato inglese Horace Lloyd e dell’agiata irlandese Adelaide Atkinson, venne educata all’arte, alla letteratura ma anche alla sofferenza. Rimasta orfana di padre a quindici anni, subì violenze dalla madre sino ai ventuno quando, nel 1880, lasciò la sua Dublino per trasferirsi a Londra da una zia e sviluppare il suo spirito libero. Di una bellezza raggiante e molto attratta dall’Estetismo, fu all’avanguardia nella sua epoca divenendo icona di associazioni a difesa dei diritti delle donne e in prima linea tra le suffragette. Scrisse due libri di fiabe per bambini e riuscì a unire le passioni per le lotte sociali e il giornalismo dirigendo la Rational Dress Society’s Gazette, rivista del movimento contrario agli indumenti femminili ingombranti causa di malattie e di numerosi incidenti tra le operaie delle fabbriche.   Nella primavera del 1895, dopo la condanna a due anni di lavori forzati inflitta al marito, reo di atti omosessuali, fu cacciata dal paradiso delle persone rispettabili finendo tra quelle perseguitate dall’ipocrisia vittoriana. L’esilio fu inevitabile come cambiare il cognome da sposata e dei figli Vyvyan e Cyril di 9 e 10 anni: Wilde, quello indossato con prestigio e ammirazione, divenne d’un tratto sinonimo d’infamia e scandalo; Holland, secondo nome del fratello Otho, fu l’ideale per immaginarsi un futuro migliore sperando anche in amicizie generose stabilitesi nel Continente.  A Constance sembrò passata un’eternità dal 29 maggio 1884 quando varcò il portale della gotica St. James Church per sposare l’uomo messo al centro del suo universo sin dal primo sguardo. Fu amore e sintonia reciproca al punto che entrambi riuscirono ad appagare le rispettive ambizioni individuali. La nascita del secondogenito affievolì la fiamma della passione e causò problemi nel rapporto ma lei, illudendosi che il matrimonio potesse resistere alla dissolutezza del marito sempre più popolare e sempre più travolto dall’amicizia con Lord Alfred Douglas, non temé nulla. Neppure quando l’imprudente Wilde denunciò per diffamazione il padre del suo amante, il burbero marchese di Queensberry, che l’aveva pubblicamente definito sodomita. Per Constance incubo e realtà divennero un tutt’uno solo con l’evidenza del clamoroso arresto. Il dramma e la bancarotta le devastarono l’esistenza con la stessa voracità con cui l’ufficiale giudiziario le portò via la sfarzosa casa di Tite Street e tutto quanto conteneva. Fuggì accompagnata dall’eco dello scalpore ma senza darsi per vinta. Dopo una parentesi in Svizzera dal fratello, la sua prima meta sicura fu Genova. La prosperità della città e la mitezza delle sue riviere erano predilette da connazionali in cerca di rifugio, riposo e opportunità. Fra questi spiccavano industriali come Thomas Robertson e pionieri come James Spensley che, giunto nella città di Colombo come medico e corrispondente del Daily Mail, da lì diffuse il football e lo scoutismo in tutta Italia. In quella sorta di terra promessa Constance arrivò in cerca di serenità e cure per la salute in progressivo peggioramento. Inizialmente soggiornò nella delegazione di Nervi e a Sori. Nel 1897, sistemati i figli in un collegio britannico di Heidelberg, affittò un appartamento in una villa di Bogliasco, sua ultima residenza. Pur nella tempesta provò tenacemente a mantenere la promessa fatta al suo sposo: amarlo sempre e comunque. Soffocò l’infatuazione per l’editore Arthur Lee Humphreys e mai rifiutò il perdono al marito definendolo “più debole che cattivo”. Chiese e ottenne la separazione a tutela dei beni e dei figli, di cui ebbe l’affidamento esclusivo, opponendosi però strenuamente al divorzio per non aprire ulteriori ferite. Nonostante seri problemi fisici, andò a trovarlo in carcere un paio di volte; l’ultima per comunicargli la morte della madre. Quando poi il 19 maggio del 1897 Wilde tornò in libertà gli fece trovare denaro sufficiente a ricostruirsi la vita. Ma fu tutto inutile. Lui riprese ad ignorarla preferendole il giovane Douglas e la solita esistenza sregolata facendo venir meno ogni possibile riconciliazione.  Nel frattempo le condizioni di salute di Constance ebbero un tracollo. Un maldestro intervento alla spina dorsale, eseguito dal professor Luigi Maria Bossi, le fu fatale. Morì a Genova la mattina del 7 aprile 1898, a trentanove anni. Lì venne sepolta nel cimitero monumentale di Staglieno progettato dagli architetti Carlo Barabino e Giovanni Battista Resasco come città dei morti parallela a quella dei vivi e per questo abbellita da viali, terrazze, giardini e sculture che lo rendono tuttora fra i più importanti d’Europa. Sulla base della bianca croce di marmo intarsiata d’edera furono apposti il nome e la frase: Che Dio le tolga dagli occhi tutte le lacrime. Wilde, che dopo la scarcerazione mai rivide la moglie, si presentò a renderle omaggio solo il 25 febbraio dell’anno successivo. In mano un mazzo di rose scarlatte; nel cuore, come scrisse, “lacrime di dolore, rimorso e il senso d’inutilità di tutti i rimpianti”. Prese anche amaramente atto dell’assenza di qualsiasi accenno alla sua persona. Morì povero, il 30 novembre del 1900, in un ancor più povero hotel parigino.  La scritta Wife of Oscar Wilde, ricordo di quel matrimonio e di quel cognome riabilitato agli occhi del mondo, fu aggiunta solo nel 1963 dai discendenti di Otho Lloyd. La patologia di cui soffrì Constance è invece rimasta un mistero sino al 2 gennaio 2015 quando il Lancet ne commemorò il 156° anniversario della nascita. Lo fece pubblicando una ricerca della dottoressa Ashley Robins dell’Università di Città del Capo da cui emerge che fu erroneamente curata per disturbi nervosi e ginecologici mentre, in realtà, era affetta da sclerosi multipla, malattia allora già nota ma a lei non diagnosticata.  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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