Parole sante...

Vivere è la cosa più rara al mondo.
La maggior parte della gente esiste, e nulla più. (Oscar Wilde)
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Isabel Emrich ~ ‘Underwater Paintings’

martedì 10 dicembre 2019

“Il Fulgore di Dony”, il film di Pupi Avati simbolo di inclusione

“Il Fulgore di Dony”, opera più recente del regista Pupi Avati, è stata ufficialmente adottata dalla città di Genova nell'ambito della Giornata Internazionale della Disabilità che si celebra ogni 3 dicembre. 

Il film, prodotto nel 2018 e trasmesso recentemente da Rai Uno, racconta una vicenda tutt’altro che banale legata alla disabilità. Donata, adolescente liceale che tutti chiamano Dony, si invaghisce a prima vista di Marco, un coetaneo incontrato per caso. Tuttavia, quando lo incontra nuovamente, il ragazzo ha subito un incidente che ne ha compromesso le capacità cognitive e vive ormai isolato, accudito in casa dalla sola madre. Dony inizia allora un percorso di progressivo riavvicinamento sfidando l’opposizione, le perplessità e in qualche modo i preconcetti (per certi versi naturali) dei propri genitori, dei propri amici, di tutti coloro che entrano in contatto con lei. L’infatuazione adolescenziale lascia sempre più il posto a un rapporto di empatia e di reciproca necessità difficilmente comprensibile al mondo degli adulti. Senza fornire formule risolutive né visioni edulcorate, quest’opera disegna un percorso difficile colpendo per la sua sensibilità e capacità di lasciare un forte segno nell’animo dello spettatore. Dal punto di vista didattico e pedagogico spicca per la capacità di porre quesiti favorendo confronti e discussioni. 

"Il Fulgore di Dony" è visibile su RaiPlay cliccando QUI.



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venerdì 11 ottobre 2019

"Oltre il muro di Berlino. Con i Depeche Mode in Germania dell’Est alla ricerca della scena post-punk e new wave" di Sascha Lange e Dennis Burmeister

Sting Jonsson: “Quali credi che siano stati i più grandi, fastidiosi o esilaranti cliché sui Depeche Mode, specialmente da parte della stampa?” - Alan Wilder: “Quello di essere soprattutto famosi in Germania”. È il terzo punto di una risposta preceduta solo da “Come la convinzione che tutti e quattro eravamo gay e che provenivamo da Basildon”

Negli archivi del “Question & Answer” di colui che tra il 1982 e il 1995 diede un’impronta decisiva allo stile musicale dei DM, sta forse la migliore risposta a uno dei luoghi comuni effettivamente più ripetuti fra gli anni Ottanta e Novanta. 

Ma la questione, vista dall'esterno, è decisamente più sostanziosa perché l’impatto musicale, visuale e sociale che i Depeche Mode hanno avuto da quelle parti è stato molto più profondo di quanto potesse apparire in quei giorni. I testi politici presenti in album come Construction Time Again e Some Great Reward, ad esempio, esaltavano critiche al sistema e desideri di libertà rivoluzionaria, anche quella più personale. 

La British Invasion era una realtà monopolizzante che spaziava dalla new wave, al rock, al pop e al post-punk. Ce n’era per tutti i gusti. E in quel contesto i DM hanno sempre avuto la particolarità di proporsi con le sonorità e il look ideale, mutando e crescendo con il mutare e il crescere del mondo. Quella musica che in Occidente esprimeva senso di ribellione vissuto in maniera semplice e condivisa, in posti come la Germania Est, nei diversi bacini di fede comunista o con regimi autoritari, era letteralmente proibita. In quegli anni censura e cortina di ferro erano considerate essenziali per gestire le giovani menti. Ma cosa c’è di più seduttivo fra gli adolescenti (ma non solo) di ciò che è proibito? Non è, a livello sociologico, il chiavistello ideale per aprire menti e scatenare forze sopite? 

A tracciare un perfetto quadro della situazione, grazie alle edizioni Goodfellas, arriva anche in Italia Oltre il muro di Berlino. Con i Depeche Mode in Germania dell’Est alla ricerca della scena post-punk e new wave, libro di Sascha Lange e Dennis Burmeister già autori della bibbia per collezionisti Depeche Mode: Monument.

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